Pizza di Pasqua Dolce Portodanzese

Pizza di Pasqua Dolce Portodanzese
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Quest’anno avremo una Pasqua insolita, una Pasqua lontana dai nostri cari, ma non per questo dobbiamo allontanare da noi la voglia di festeggiare e condividere, con la nostra famiglia, la Pizza di Pasqua Dolce  Portodanzese.
La ricetta che ho scelto per voi e per me, anche io preoccupata da tanto lavoro, è stata presa da un libro a noi di Laziogourmand, molto caro: “Le ricette dei Nonni, Piatti Tradizionali della Cucina Portodanzese” a cura di Andrea Mingiacchi che molto gentilmente ce lo ha donato.
La scelta di questa ricetta non è stata soltanto dettata dalla semplicità e velocità, ma anche dal titolo “Le Ricette dei Nonni“…mai come in questo momento mi è sembrato doveroso omaggiare una categoria che ha pagato il prezzo più caro durante questa epidemia. I nonni, i nostri nonni coloro che custodivano la tradizione, le ricette, la manualità, la saggezza e quell’amore sconfinato nel dare e darsi. Cari nonni che non ci siete più questa ricetta la dedichiamo a Voi ringraziandoVi di averci lasciato il Vostro passato attraverso le ricette.

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La Crostata di Nocciola tonda gentile di Faleria

torta di nocciola gentile
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La Crostata di Nocciola Tonda Gentile è un dolce tipico di Faleria,  un paese a 40 Km da Roma situato nella provincia di Viterbo tra la s.s. Flaminia e la s.s. Cassia. Circondata da un lato dal massiccio monte Soratte, in un territorio abbastanza conosciuto per le testimonianze storiche, Faleria si trova a soli 15 Km dall’antica Falerii Veteres distrutta dai romani nel 241 a.C.
Dal punto di vista economico, Faleria nasce con vocazione prevalentemente agricola. Le campagne circostanti sono coltivate a oliveto e noccioleto. Le tecniche di coltivazione assolutamente BIOLOGICE e la lavorazione artigianale, assicurano la massima genuinità  dell’olio e la massima qualità delle nocciole.
Quasi tutta la produzione della Nocciola, della qualità “tonda gentile” e “nocciola rosa”   è destinata alla vendita per l’industria dolciaria nazionale ed estera. Ha costituito per lungo tempo l’unica risorsa economica per gli agricoltori. Per questo motivo tutte le ricette dei dolci tradizionali del paese, che le nonne ci hanno tramandato, sono rigorosamente a base di nocciole: tozzetti – amaretti – morette – croccanti – tartufi.

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nocciola tonda gentile del Viterbese

Abbiamo scelto le nocciole locali dalla produzione di Andrea Baroni. Andrea è un giovane imprenditore agricolo che, tra tradizione e futuro, si è inserito con coraggio, come tanti giovani, nel mondo dell’agricoltura. Fin da piccolo ha respirato il profumo della campagna e ne ha intuito il grande potenziale. Questo settore è in grado di dare prospettive ed opportunità, perché saldamente legato alle qualità che identificano il nostro Paese: la storia, la tradizione, il cibo. Quindi ha deciso di  fare dell’azienda agricola a conduzione familiare, situata a Sant’Angelo in Faleria e coltivata con fatica dal papà, la sua attività prevalente  con passione, innovazione e professionalità.

Andrea Baroni

Andrea conduce l’azienda, i cui i terreni sono coltivati a oliveto e noccioleto, secondo le norme che regolano l’agricoltura biologica, perché il biologico è una sua scelta di vita. Ponendo al centro dei suoi interessi il benessere, la salute dell’uomo, degli animali, della terra ha scelto un percorso biologico abbracciando e favorendo uno stile di vita sostenibile per sé e per gli altri in un’ottica di un futuro migliore per tutti. La raccolta di nocciole si fa indicativamente per tutto il mese di settembre. Alcune colture possono portare a maturazione i propri frutti già dalla seconda metà del mese di agosto. In ogni caso, per avere la certezza della maturazione delle nocciole bisogna solo attendere la caduta dei primi frutti, a questo stadio la maggior parte di essi sarà pronta per la raccolta. Per raccogliere le nocciole, fino a qualche anno fa, si procedeva manualmente. Oggi la raccolta è puramente meccanizzata e prevede l’impiego di apposite macchine raccoglitrici. La praticità di queste macchine sono le due spazzole ruotanti sul davanti, atte a radunare le nocciole cadute a terra e un grande tubo aspiratore che le convoglia ad un accessorio rotante per una prima pulitura, dividendo le nocciole da foglie, terra ed eventuali sassi.

macchina lavorazione nocciole
Dopo la raccolta vengono convogliate in una macchina pulitrice e fatte essiccare al sole per alcuni giorni per toglierne l’umidità. Poi, nelle ore notturne vengono riportate all’interno per poi riesporle la mattina seguente. In questo modo le nocciole possono essere conservate a lungo.

Vengono poi trasportate e consegnate alle cooperative di produttori. Con le organizzazioni associative già esistenti sul territorio, contribuiscono poi alla concertazione dell’offerta, al miglioramento del prodotto  e all’integrazione della filiera, operando ai primi livelli del canale commerciale.

Dal punto di vista della varietà, la nocciola  coltivata da Andrea Baroni,  è quella specifica della zona del Viterbese e quindi la TONDA GENTILE ROMANA che risulta molto apprezzata dalle industrie di trasformazione.

La ricetta proposta è tipica di Faleria e  ci è stata donata dalla mamma di Andrea, Daniela, che ha mantenuto le tradizioni familiari.

CROSTATA DI NOCCIOLE

  • 1 uovo intero
  • 1 tuorlo
  • 150 g di zucchero
  • 150 gr di burro
  • 300 g di farina
  • 1 cucchiaino di lievito Bertolini
  • limone grattugiato
Ingredienti per la base:
  • 350 g di nocciole tostate e macinate
  • 300 g di zucchero
  • 3 uova
  • 80 g di mandorle amare (o una fialetta di essenza alla mandorla)
  • 1 bicchiere di Amaretto di Saronno
  • limone e arancia
Ingredienti per la copertura

Esecuzione

Per la base si procede come per la pasta frolla classica. Per la copertura: tostate le nocciole in forno a 180° per 15/20 min. Procedete alla macinazione nel frullatore o meglio nella grattugia elettrica in modo che rimangano pezzetti piccoli di nocciole. Montate i tuorli con lo zucchero e, a parte, montate le chiare a neve. Unite al composto le nocciole e amalgamare bene, versate il bicchiere di Amaretto di Saronno, la buccia di limone e arancia grattugiata, le mandorle amare macinate (o la fialetta di mandorla amara) e, per ultime, le chiare montate a neve. Mettete la teglia in forno, già caldo, a 180/200° per 35/40 minuti.

 

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Casatella pasquale terracinese

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La casatella è un tipico dolce di Terracina del periodo pasquale.
E’ una crostata piuttosto alta, con una farcitura a base di ricotta aromatizzata al caffè, sambuca (o anice) e cannella.

Come molte ricette tramandate dalle nonne, la frolla contiene un pochino di lievito per un effetto più morbido, ma diverse sono le varianti e i piccoli aggiustamenti che ogni famiglia ha apportato.
In particolare, qualcuno prevede anche l’uso di 1-2 cucchiai di cacao, molti altri non lo aggiungono. L’aroma in realtà cambia poco, quindi scegliete quale versione seguire in base al vostro gusto 🙂

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Cassola, dolce ebraico romanesco

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La cassola è una buonissima ricetta della tradizione ebraico romanesca.  Ingrediente principale è la ricotta romana. E’ una ricetta dei tempi passati, e non molti la conoscono. Una volta si usava prepararla solo con la ricotta di  pecora perché era quella che si reperiva più facilmente, ma anche una buona ricotta di mucca può andare bene.

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Castagnole sabine morbidissime con l’olio extravergine

Castagnole sabine

Castagnole sabine

La ricetta di queste Castagnole sabine morbidissime con l’olio extravergine di oliva è stata tratta da un interessante libro di Maria Giuseppina Truini Palomba, una signora originaria di un paese in provincia di Rieti, Borbona. Lei ha avuto la pazienza di raccogliere, dall’Ente Provinciale del Turismo di Rieti, non solo ricette, ma anche i racconti, le piccole poesie e i ritornelli delle amate signore di paese, quelle che hanno sempre cucinato “ad occhio” senza mai seguire una ricetta scritta.

Ogni anno a Carnevale le ricette di dolci fritti impazzano nelle rete. Chiunque ha la sua ricetta più o meno di famiglia, alcuni fanno voli pindarici per cercare di essere originali con rivisitazioni di ogni tipo ma alla fine i classici vincono su tutti. Il nostro intento è quello di farvi conoscere le ricette e le storie di un tempo, quelle scovate nei vecchi libri e nei foglietti ingialliti dal tempo e dagli schizzi delle mille fritture subite.

Ecco le prove di alcune delle “fonti” da cui la signora Truini ha tratto ispirazione per il suo libro La Cucina Sabina:

La Cucina Sabina

Queste semplici Castagnole sabine si differenziano dalle ricette attuali perchè la parte grassa della ricetta è l’olio extravergine di oliva.

Questo è il motivo della loro morbidezza che rimane anche da fredde. Di solito il burro che si usa nelle ricette comuni dà una gran fragranza da calde, ma una volta fredde diventano dure e poco gradevoli. Provatele sono semplici e anche veloci dal momento che si formano come gli gnocchi, a tocchetti. Vi riporto la ricetta originale del libro e fra parentesi vi allego le mie modifiche

3 uova 3 cucchiai di olio di oliva (io extravergine di oliva) 5 cucchiai di zucchero 1 bustina di vanillina 1 bustina di lievito in polvere per dolci la buccia grattugiata di 1 limone 1 bicchierino di rhum farina q.b. (lo so, è complicato ma l’ho pesata per voi circa 400 g) olio di oliva per friggere (io, olio di semi di girasole)
Castagnole sabine

Preparazione delle castagnole sabine 

Sulla spianatoia impastate gli ingredienti tutti insieme in modo da ottenere un composto piuttosto tenero. Mettete la pasta in un angolo della spianatoia spolverizzatelo di farina e copritela con un piatto rovesciato. Prendete ogni tanto un pezzetto e fatene dei bastoncini, come se doveste fare gli gnocchi. Tagliate ogni bastoncino a pezzetti di un paio di centimetri. Friggeteli in abbondante olio di oliva bollente (io, olio di semi di arachide). Scolateli, spolverizzateli subito di zucchero. Freddi sono più buoni che caldi.

NOTA
Nota: Come già scritto vi ho riportato la ricetta originale ma voglio aggiungere che dovete procedere al solito modo con la “fontana” di farina sulla spianatoia (non è specificato nel testo) e aggiungete tutti gli ingredienti, impastate, ma la pasta deve rimanere molto morbida quasi al limite “dell’appiccicoso”. Per far si che ciò non accada, aggiungete poca farina sulla spianatoia ma non troppa, non fatevi tentare, ne va della morbidezza del prodotto finale. Per l’olio di frittura, oggi si consiglia l’uso dell’olio di semi di girasole che ha un maggiore tenuta alle alte temperature. L’olio extravergine di oliva sarebbe il migliore ma ne penalizzerebbe il gusto e l’inevitabile pesantezza.

Ravioli dolci con ricotta e cannella

Ravioli dolci con ricotta e cannella

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Ravioli dolci fritti con ricotta e cannella! La ricetta dei ravioli dolci con ricotta e cannella è della mia memoria, niente di scritto, niente libri. Solo così: per rifarla chiudo gli occhi e mi rivedo bambina nel tinello della cucina con mia madre e mia sorella. E’ il periodo di Carnevale. Avevamo all’epoca un tavolo di formica verde con la “spianatora” e il matterello incorporati. Si sfilavano dalla sede, si mettevano sul tavolo. E in un magico gioco di uova e farina…nasceva la sfoglia. Mia madre con la sfoglia era vera maestra. Ne preparava così grandi che per farle asciugare le metteva su una tovaglia sul lettone…. E quando era Carnevale cominciavo a fare la solfa: “Mamma mi prepari i ravioli fritti con la ricotta?” Già, non chiedevo frappe e castagnole… il mio debole erano proprio i ravioli. Perché ero anche io parte attiva nella ricetta…. Mamma preparava e stendeva la sfoglia, Teresa, mia sorella preparava il ripieno (… e metà se lo mangiava mentre lo preparava!) e io facevo i cerchietti di pasta con il bicchiere. E così potevo dire a papà: “Li ho fatti anche io!!”

Sembra passata una vita… o forse è passata! E così vi propongo i ravioli di ricotta e cannella della mia famiglia. Non so l’origine. So che a Roma e dintorni si preparava da sempre. Oggi un po’ meno, lasciando il posto a preparazioni più sofisticate. Ma le persone della mia generazione, che erano bambine negli anni Sessanta, se la ricordano sicuramente. Di versioni per il ripieno a casa mia se ne sono preparate diverse, a seconda di quello che ci stava in casa: ricotta, cacao, zucchero e cannella; ricotta, polvere di caffé, cannella e liquore Strega (1 bottiglia a casa ce ne stava sempre!), o la versione che vi propongo in questa ricetta, più classica come ingredienti.

E allora facciamola conoscere anche alle generazioni più giovani!

Per la pasta sfoglia:

200 g di farina 00 – 2 uova 1 cucchiaio di olio evo – 2 cucchiai di zucchero

Per il ripieno:

200 g di ricotta romana – 1 bicchierino di alchermes  – cannella quanto basta – 2 cucchiai di zucchero

Inoltre: olio di semi di arachidi per friggere e zucchero a velo per guarnire

Ingredienti per circa 20 ravioli

preparazione ravioli dolci con ricotta e cannella

Preparazione dei ravioli dolci con ricotta e cannella 

Deporre la farina a fontana. Al centro mettere le uova, l’olio e lo zucchero. Con una forchetta cominciare a sbattere un po’ le uova e incorporare pian piano la farina. Lavorare energicamente fino a formare l’impasto (come quando si fa la pasta fatta in casa). Formare una palla, coprire con un piatto e lasciare riposare una mezz’ora circa.

Stendere l’impasto con il matterello. Nel frattempo mescolare la ricotta con lo zucchero, l’alchermes e la cannella.

Con una tazza, un bicchiere, o con un coppapasta ritagliare la pasta. Riempire ogni cerchio con la ricotta condita. Richiudere e sigillare bene i bordi aiutandosi con i rebbi di una forchetta.

Scaldare abbondante olio di semi e friggere i ravioli. Scolare su carta assorbente e cospargerli di zucchero, o zucchero a velo.

 

Le maschere romane
Seppur meno note di quelle delle altre città, anche quelle romane hanno lasciato un segno nella nostra storia e tradizione: da CASSANDRINO a DON PASQUALE, dal GENERALE LA ROCCA ai più famosi RUGANTINO e MEO PATACCA. Il loro merito è quello di aver messo in risalto in maniera ironica e farsesca vizi, virtù (di meno…) del cassandrino per la ricetta dei ravioli dolci con ricotta e cannella mondo aristocratico e pontificio del loro tempo. CASSANDRINO, la cui origine è incerta, sin dal XIX secolo è considerata “maschera romana”. E’ un brav’uomo, sposato e con figlie dalle quali si fa raggirare molto facilmente, così come dalle donne che corteggia e si prendono gioco di lui. E’ sprovveduto, timido e credulone. Nasce nobile e col tempo diventa sempre più borghese, sempliciotto, fino a diventare ridicolo. Con la sua voce nasale, i suoi abiti eleganti mette alla berlina i vizi e le debolezze del mondo aristocratico e pontificio e a ergersi portavoce dei sentimenti e delle lamentele del popolo verso queste classi sociali. RUGANTINO è probabilmente la maschera più conosciuta, anche “fori le mura”, grazie alle innumerevoli rappresentazioni teatrali che ancora continuano a andare in scena. Rappresenta il popolano romano, il bullo e attaccabrighe de Trastevere, “svelto co’ le parole e cor cortello”. E’ strafottente, arrogante. Il nome proviene da “ruganza” che in romanesco significa proprio arroganza. Ma la sua arroganza si fermava alle enrico brignano al-sistina nella ricetta dei ravioli dolci con ricotta e cannella parole, i modi da spaccone lasciavano poi il posto a una persona pavida e in fondo buona e amabile. MEO PATACCA, l’altra maschera più conosciuta insieme a Rugantino, appare per la prima volta in un poema di fine Seicento a firma Giuseppe Berneri. E’ un soldato sempre pronto a scontrarsi e a raccontare bravate. Proprio dalla paga del soldato, il soldo o “patacca”, deriva il suo nome. Durante il Settecento andò praticamente nel dimenticatoio a causa della “censura” delle autorità, fino a ritornare alla ribalta nell’Ottocento grazie alla bravura e alla popolarità di due attori che lo interpretarono in teatro: Annibale Sansoni e Filippo Tacconi, conosciuto di più col soprannome de “Il Gobbo”. Il Gobbo fu autore anche di nuove storie di Meo Patacca, fortemente ironiche e mordaci soprattutto nei confronti dell’autorità ecclesiastica, cosa che gli procurò parecchi guai con la Meo Patacca nella ricetta dei ravioli dolci con ricotta e cannella giustizia! La maschera di DON PASQUALE DE’ BISOGNOSI (cognome odiato dallo stesso perché “plebeo” e non adatto a un nobile come lui!) rappresenta un uomo aristocratico, molto facoltoso, ma profondamente sciocco. Come somiglianza lo accomunano alla maschera di Pantaleone, ma sicuramente meno scorbutico, scortese e scostante. Rimane sempre incastrato dalle beffe dei camerieri e delle servette che gli fanno da contorno e nonostante faccia del tutto per poter trovare moglie riesce puntualmente a mettersi in situazioni nelle quali ne esce sempre sconfitto e beffeggiato. La maschera del GENERALE MANNAGGIA LA ROCCA fu creata da uno ‘stracciarolo’ di Campo de’ Fiori, tale Luigi Guidi. Lui stesso l’aveva inventato sulla falsariga di Capitan Spaventa per il Carnevale romano: nei panni di un generale a cavallo di un esercito che non era mai esistito, composto da straccioni, sfilava nelle vie cittadine in groppa ad un asino, o un vecchio cavallo addobbato per l’occasione. La sua caratteristica era quella di raccontare imprese totalmente inventate, con aria estremamente giocosa. Il pubblico partecipava attivamente e la rappresentazione andava avanti da Piazza del Popolo a Piazza Venezia, con botte e riposte tra il pubblico e l’attore oltre a lanci di ortaggi marci e coriandoli…

I bocconotti con la ricotta

bocconotti con la ricotta

Rivendicata la paternità da diverse regioni del centro-sud italiane con piccole differenze fra gli uni e gli altri, i bocconotti con la ricotta restano un piatto molto diffuso nelle trattorie e nelle famiglie romane, soprattutto nel periodo di Carnevale.
Ada Boni, nel suo libro “La Cucina Romana“, annovera i bocconotti con la ricotta fra i dolci tipici della gastronomia romana defininendoli “pasticcini di pasta frolla con un ripieno di ricotta condita“.
Tipicissimo della cucina romana l’uso della ricotta e l’accostamento con la cannella è molto frequente  non solo nei dolci; i bocconotti con la ricotta risultano dei bocconcini friabilissimi di pasta frolla in cui ripieno si scioglie in bocca, avvolge il palato regalando  quel piacevole contrasto di consistenze e aroma.

I bocconotti del Molise, pur avendo l’impasto di pasta frolla come i bocconotti con la ricotta, hanno un ripieno a base di mandorle; i bocconotti calabresi sono caratterizzati invece da un ripieno di confettura o crema aromatizzata a piacere.
Ada Boni, nel suo libro “La Cucina Romana“, annovera i bocconotti con la ricotta fra i dolci tipici della cucina romana defininendoli “pasticcini di pasta frolla con un ripieno di ricotta condita“.

bocconotti con la ricotta - tipica ricetta romana

 

 

Per la frolla :
300 g di farina 0
75 g di burro
75 g di strutto
150 g di zucchero
3 rossi d’uovo
un po’ di sale
una cucchiaiata di acqua
una pizzicata di cannella
Per il ripieno :
500 g di ricotta romana pecora
150 g di zucchero
2 o 3 uova intere
1 cucchiaino di cannella
2 cucchiaiate di scorza di cedro
e arancia candita

Ingredienti per 6 persone

Note alla ricetta de I bocconotti con la ricotta: 

Ho sostituito lo strutto con il burro aumentandone un po’ la dose e anziché il 50% in peso rispetto alla farina, ne ho messo in tutto il 60%.
Ho aggiunto al ripieno di ricotta , e questo assolutamente di testa di mia, delle gocce di cioccolato…a casa non amano tanto i canditi e ho cercato di mascherarli un minimo e…ha funzionato ;-).

Due sono i procedimenti
 che Ada Boni descrive per l’assemblaggio dei bocconotti:
Una volta divisa la frolla in due parti, stesa ciascuna parte piuttosto sottile – 2 o 3 mm , si può:

1 –       adagiare su una sfoglia, distanziandoli uno dall’altro, dei “mucchietti” di ricotta;
spennellare gli spazi vuoti fra un mucchietto e l’altro con un uovo sbattuto, ricoprire con la seconda sfoglia e pigiare delicatamente fra un “bocconotto e l’altro in modo da far aderire bene i
i due strati di pasta;
tagliare con una rotella dentellata in modo da separare i bocconotti per allinearli poi in una teglia leggermente unta;
dorare con altro uovo sbattuto e procedere alla cottura.

2 –      distendere la prima sfoglia sulla placca del forno e distribuire, sempre leggermente distanziati, i mucchietti di ricotta;
ricoprire con l’altra sfoglia e procedere a cottura.
Una volta cotti e ancora caldi, dividere i bocconotti.

 

La Ricetta de I bocconotti con la ricotta

Raccogliete in una ciotola la ricotta e, mescolando con un cucchiaio per amalgamare bene tutto, unite uno alla volta tutti gli ingredienti. Tenete in frigorifero.
Preparate la pasta frolla:
versate la farina sulla spianatoia formando la fontana, unite lo zucchero, i tuorli, il burro a pezzetti a T° ambiente, il sale, la cannella ed impastate rapidamente con la sola punta delle dita in modo da riscaldare il meno possibile l’impasto.
Quando l’impasto risulta ben compatto, formate la classica palla, ricopritela con la pellicola e  lasciatela riposare in frigorifero per mezz’ora.
Procedete ora con il metodo che preferite per assemblare il tutto e cuocete in forno preriscaldato a 180° per circa 40 minuti.
Si mangiano freddi e …davvero uno tira l’altro senza pudore !

 

Nociata Sabina

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La nociata è un tipico dolce natalizio del Lazio e dell’Umbria. Vi sono varie versioni dalle quali attingere. Io ho scelto quella semplice, che si prepara nella Sabina: solo 2 ingredienti, il miele e le noci che una volta sposati insieme vanno a riposare tra due foglie di alloro per raccoglierne tutto il profumo che riesce a sprigionare. Per questo motivo si consiglia di prepararla con qualche giorno d’anticipo, proprio per farne assorbire l’aroma.

 

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Per tradizione la notte della Befana si usa uno scambio di regali: lei lascia qualcosa a noi nella calzetta appesa al camino, o sotto la cappa e noi lasciamo a lei un dolcetto… e un bicchierino. 

E così la nociata l’ho preparata per lei… la gradisce sempre!

 

noci

 

400 g di miele millefiori

600 g di noci

foglie di alloro fresche qb

Ingredienti per circa 30 rombi di nociata

 

miele

 

Preparazione

Lavare le foglie di alloro e asciugarle.

Pestare le noci al mortaio.

In un tegame mettere a cuocere il miele fino a che acquista una colorazione dorato/rossastra. Aggiungere le noci e continuare la cottura ancora per qualche minuto.

Bagnare un tagliere con l’acqua fredda (se avete una tavola di marmo, è ancora meglio) e farci scivolare sopra la nociata. Con una spatola bagnata livellare a circa mezzo centimetro. Prima che si freddi del tutto tagliare a rombi. Una volta freddo trasferire ogni rombo tra due foglie di alloro e lasciare qualche giorno ad aromatizzare. 

nociata sabina

 

La befana vien di notte

Con le scarpe tutte rotte

Il vestito alla ciociara

Viva viva la befana!

 

La befana nella tradizione popolare
La Befana trae origine dalla trasformazione dei culti pagani precristiani fino a diventare nei secoli un personaggio saldamente legato alla tradizione popolare. Il nome potrebbe derivare dalla storpiatura del nome Epiphania. Fino alla fine dell’800 la festività veniva chiamata Pasqua Epifanìa perché fino a quel periodo a Roma si usava far precedere il termine “Pasqua” al nome delle feste di precetto. E poi diventò Pasqua Befanìa. La leggenda narra che la notte tra il 5 e il 6 gennaio i Re Magi si fermarono alla casa di una vecchietta per chiedere informazioni per raggiungere Betlemme. Invitarono anche lei ad andare a trovare Gesù Bambino. Ma ella si rifiutò. Pentitasi di non essere andata a omaggiare Gesù Bambino, ogni anno nella stessa notte si reca alla casa di tutti i bambini per portare a loro un dono. La tradizione invece ci riporta che la notte tra il 5 e il 6 gennaio i tre magi si recarono a Betlemme guidati da una stella cometa, per far visita Gesù Bambino, portando con loro i doni: oro incenso e mirra. Per emulazione, la tradizione romana tramanda che quella stessa notte una strega a cavallo di una scopa entri nelle case per riempire di doni le calze che i bambini hanno lasciato attaccate al camino e si fermi a ristorarsi con un dolcetto e una bevanda che si sono lasciati per lei. La Befana viene rappresentata come una vecchia strega dal naso adunco, vestita di cenci e a cavallo di una scopa. Appare solo dopo mezzanotte e in realtà non viene rappresentata come una strega cattiva, perché porta i doni. Anche se punisce chi è stato monello… con il carbone… che tanto è sempre un dolcetto! Buona Befana a tutti. E non dimenticate di lasciare un dolcetto, un vinello leggero e una luce accesa!

 

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Celebre illustrazione di Bartolomeo Pinelli, in cui la befana è collocata tra le bancarelle a Piazza Navona che vendono dolcetti tipici nel periodo delle festività natalizie.