Gabriele Rubini a Culinaria 2016. Un’evento! Lui, Chef Rubio a Culinaria 2016, lui che non compare mai a parte le sue famose e seguitissime trasmissioni televisive e la presenza costante sui social dove ha un fiume di seguito.
Il motivo della sua “comparsata” in una manifestazione dove molti sono seduti sulle poltrone del Capitol Club ad “ascoltare” solo perchè stanchi o con i piedi doloranti e quelli che vagano con il bicchiere in mano e qualche assaggio in bocca per dire di esserci stato, è che Gabriele in arte Chef Rubio era lì per un motivo serio.
Il suo motivo si chiama Leonardo un bimbo che non c’è più. Bruttissima cosa da dire, un bimbo dovrebbe esserci eccome e crescere e avere un futuro e invece la vita spesso ti riserva brutte sorprese e finisce così…ti viene un mostro che si chiama medulloblastoma che non è propriamente un personaggio di qualche cartone animato, ma un tumore celebrale che colpisce una fascia di età che va dai 2 ai 7 anni.
Non oso pensare al calvario dei genitori di Leonardo, non ci posso pensare…solo l’idea mi fa straziare. E credo ci abbia pensato anche Gabriele, quando lo ha conosciuto e con lui ha condiviso battute, scherzi, donne, e cibo.
Proprio di questo si parla: di cibo negli ospedali e di cibo in particolare nei malati oncologici.
Leo era ricoverato all’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù ed era seguito da un’equipe che evidentemente ha avuto cura di lui non solo come paziente, ma anche come bambino che ha una sua personalità e anche un gusto o una percezione del gusto. Sappiamo tutti che quando vieni sottoposto a cure devastanti nemmeno più i sapori riconosci! Chi meglio di uno chef può seguire questo percorso sensoriale? Questo devono aver pensato le dottoresse Rasio e Elia del Bambin Gesù di Roma.
E lui Chef Rubio quello tatuato, con un fisico come una montagna, forte e coraggioso ha avuto la forza di stare con questo bimbo e di viverlo semplicemente.
Ora Leo è diventato un simbolo e si spera una stella, che deve essere da monito per altri bimbi malati e altri medici e nutrizionisti che, senza l’aiuto del Ministero della Salute e quindi del Governo, poco possono fare.
I bimbi sono molto primordiali, odorano tutto, e il messaggio che arriva al loro cervello è positivo o negativo. Un messaggio pulito, privo di preconcetti…da lì bisogna partire.
Gabriele, proprio perchè chiamato ad aiutare i bimbi oncologici, ha puntato su quello: sullo sviluppo della percezione sensoriale, sull’estetica (perchè anche l’occhio vuole la sua parte) e sulla salute.
Il finger food che ha proposto a Culinaria era un simbolo di ciò di cui un bimbo malato gravemente ha bisogno: sapore, bellezza e salute. E così Chef Rubio si è messo al lavoro sul palco del Capitol Club, dove altri chef hanno appena vestito il ruolo di futuristi in un turbinio di novità e piatti all’insegna dell’impossibile.
Anche lui ha creato un finger food futurista sperando in un futuro migliore all’insegna di fondi designati a progetti come “Vite Coraggiose“: dare la possibilità a nutrizionisti, medici e ricercatori dell’Ospedale Pediatrico del Bambin Gesù di Roma di creare una prospettiva di vita ai bambini come Leo. Altro che il Manifesto Futurista di Marinetti!
Il suo provocatorio finger food era composto da una foglia di Shiso, nome scientifico Perilla frutescenses, si coltiva in Cina, Giappone, Tailandia e Corea con uno spiccato sapore e odore molto gradevole e leggermente agrumato, le foglie hanno proprietà antibiotiche e sono ricche di vitamina A, B2, e E, contengono inoltre calcio e ferro. Poi ha utilizzato amaranto, crema di zucchine, anacardi, yougurt e per decorare, uova di salmone. Un boccone interessante, facilmente fruibile, vista la naturale foglia come contenitore che è ovviamente commestibile, e l’insieme degli abbinamenti che lanciano un messaggio salutistico incentrato sull’attivazione, da parte dell’organismo, di recettori importanti per il sistema immunitario.
Laziogourmand era li al completo a Culinaria e ha avuto l’opportunità, grazie a Barbara Castiello di poterlo intervistare.
LG: quanto pensi che il tuo essere stato rugbista abbia influenzato poi il tuo essere Chef ?
Sicuramente ha influito tantissimo nel mio essere uomo, quindi in tutta la mia formazione.
Non so se ero già destinato a fare rugby perché avevo già delle peculiarità, se avevo delle caratteristiche che sono state incrementate da questo sport oppure sia stato magicamente questo sport. Sicuramente ha influito molto nel processo di maturazione di questo ragazzo e mi sono ritrovato dove mi trovo tuttora.
LG: Rugbista, chef, scrittore, commentatore, protagonista di un fumetto, impegnato nel sociale, ma tu come ti vedi? Se dovessi tracciare un rapido ritratto di chef Rubio, anzi di Gabriele Rubini, che cosa diresti?
Una persona con tanti interessi e molto curiosa, che vuole approfondire tutto ciò che non conosce, e poterlo domare in maniera ovviamente simbolica.
Se c’è qualcosa che mi piace cerco di capire per quale motivo mi piace e se è facile o difficile da fare. Se è difficile, la rendo facile.
Sono io che mi sono proclamato Chef Rubio, tutto in maniera autoironica, quindi sì, credo ci sia molto di me ma assolutamente molto di Rubio.
LG: Il cibo è cultura e tu con unti e bisunti hai sempre esaltato questo aspetto. Cosa pensi della massificazione del cibo con fast food o cibi pronti e come si recupera un’identità enogastronomica a partire dalle nuove generazioni?
Ci sono fast food e fast food, ci sono cibi pronti e cibi pronti.
Sempre comunque il pro se è ben fatto o curato nei minimi dettagli, contro se è qualcosa di estremamente lavorato che può creare alla fine semplicemente una dipendenza.
Non posso che augurarmi che i giovani possano avere diversi termini di giudizio per poter dire questo è bene, questo è male sia per ciò che concerne i fast food sia i cibi pronti, così come per quanto riguarda i buoni ristoranti.
Il problema è che i giovani non sono curiosi e non hanno tanti metri di giudizio, possono parlare solo per sentito dire.
Andare per esempio al banco 15 di Testaccio dove c’è il panino co l’allesso: quanto ce metti a “magnattelo”? 5 minuti! “A fallo” 2 o 3 minuti. In otto minuti… più fast food de quello?
LG: Senza nulla togliere a chi segue una cucina vegetariana o vegana che ogni giorno o per moda o per presa di coscienza aumentano a vista d’occhio…ma se va avanti così Unti e Bisunti non avrà più ragione di esistere, come anche la tradizione culinaria Laziale per esempio.. Ti adatteresti mai?
Chi dice che aumentano a vista d’occhio? I vegani sono dieci in croce, siamo noi che diciamo che sono tanti. La richiesta si crea, ti danno quello che ti vogliono dare, c’è una strumentalizzazione di interessi condivisibili come il rispetto per l’ambiente e l’amore per gli animali che non è solo dei vegani ma di chiunque sia responsabile. Quindi c’è una comunicazione guidata dai tanti interessi che ci sono alle spalle.
Un ringraziamento sincero a Gabriele e Barbara
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