di Elena Castiglione
Di origine popolare, i piatti della cucina romana nascono dalla sapiente inventiva delle generazioni passate nel valorizzare il famoso quinto quarto: dopo che i due quarti posteriori e anteriori erano stati distribuiti alle mense degli aristocratici, ciò che rimaneva andava al popolino che poteva acquistarlo con due soldi ai macelli! Considerate parti di scarto, coda, trippa, guancia e interiora trovavano finalmente un tripudio di sapori nelle nostre cucine, tanto da varcare i confini nazionali e essere conosciuti in tutto il mondo, come la coda alla vaccinara e i rigatoni con la pajata, la coratella d’abbacchio con i carciofi, gli zampetti… Schiettezza e povertà di ingredienti, ma segno di vera e autentica vitalità e inventiva popolare. Oggi la cucina romana ancora propone alcune di queste ricette, più nei ristoranti che nelle famiglie, per la loro lunga preparazione che poco trova spazio per i rimi di vita attuali.
La vera cucina romana oggi la possiamo incontrare in alcune osterie “fuori porta” o in quelle di Trastevere che ancora non hanno ceduto alle falsificazioni “turistiche” pittoresche a tutti i costi, dove cucinano in maniera veramente approssimativa quella che viene chiamata la “vera cucina romana”. Un tempo si diceva che a Roma si mangiava bene dappertutto: prodotti genuini, serviti con simpatia in un’atmosfera un po’ “caciarona” e allegra delle nostre trattorie, espressione di gioia e convivialità. Purtroppo oggi non sempre è così. Ma in alcuni locali tipici ancora si mangia la cucina casareccia, mentre in altri si osa un rinnovamento proponendo cucine più raffinate o esotiche: oggi Roma è cosmopolita, e si accontentano tutti i palati!
Lazio Gourmand però torna alla cucina popolare e tradizionale, che oltre a proporre il quinto quarto regala altre prelibatezze.
Fino a qualche decennio fa il condimento principale era costituito dallo strutto, dal guanciale e dal lardo, oggi quasi del tutto sostituito dall’ottimo olio di oliva.
E anche il pane trova la sua collocazione di spicco! Famoso quello di Genzano, di Lariano, le rosette e le mitiche ciriole, quasi ormai dimenticate, ma che una volta erano il pane di casa. Anche dopo giorni si potevano utilizzare e all’occorrenza diventavano fette biscottate, crostini… altro che baguette!
Altri piatti tipici hanno nomi che nascondono origini non propriamente romane, ma che oramai i romani considerano proprie: spaghetti all’Amatriciana, carciofi alla giudia. Oppure altri che indubbiamente vengono chiamati romani, ma che sinceramente romani non sono: gli gnocchi alla romana ne sono un esempio, gnocchi di semolino conditi con burro… La loro origine in realtà è molto incerta: considerato l’abbondante impiego di burro, è più probabilmente un piatto di origine settentrionale, forse piemontese. Ma in realtà a Roma e dintorni gli gnocchi sono quelli che si preparano da sempre con le patate, che tradizionalmente vengono consumati di giovedì. Conditi con ragù o con spuntatura di maiale o sugo semplice di pomodoro e basilico, sono il piatto dell’allegria! “Ridi, ridi… che mamma ha fatto li gnocchi”! Personalmente, romana da generazioni… non ho mai mangiato gli gnocchi di semolino! E le fettuccine… fatte in casa, sode, elastiche! Condite al ragù, con funghi e prosciutto oppure con il sugo con le “rigaje” di pollo. Era festa in tavola. La domenica si facevano le fettuccine! E pappardelle, tonnarelli, tagliolini… Pasta fatta in casa con sola farina e acqua o la classica con le uova: tagliata a strisce più larghe o più strette, o “maltagliata”, un elemento la pasta “casareccia” che unisce tutta la cucina laziale, pur diversa nei nomi e nella varietà dei condimenti.
Comunque tra i primi primeggiano da sempre i bucatini (o spaghetti, o rigatoni) all’amatriciana, gli spaghetti alla carbonara, alla gricia, a cacio e pepe, ajo ojo e peperoncino, penne all’arrabbiata! E minestre deliziose: dalla pasta e ceci col rosmarino, alla pasta e fagioli, o riso e lenticchie o la semplice “stracciatella” o la minestra in brodo d’arzilla, o… e insomma tante preparazione che piano piano vi faremo conoscere nelle pagine di Lazio Gourmand!
Tra i piatti di carne trovano trionfo il pollo coi peperoni, alla diavola, alla cacciatora, oltre alle già citate prelibatezze del quinto quarto. E il maiale, di cui è celebre è la porchetta d’Ariccia, presente in tutte le feste popolari e laziali. Fiorente da sempre l’allevamento ovino, anche grazie alla vicinanza dell’Abruzzo, per cui non possiamo non ricordare l’abbacchio della campagna romana (termine usato solo qui a indicare l’agnello giovanissimo!) al forno con le patate, a scottadito, alla cacciatora…
Non dimentichiamo poi ottimi piatti di pesce come, la zuppa di pesce di Civitavecchia, o di Anzio per quanto riguarda il pesce di mare.
E le telline, oggi più dimeticate per lasciare spazio alle vongole, ma vi assicuro che un bel piatto di spaghetti con le telline vi rimette in pace con il mondo!
Ma nei paesi intorno ai laghi di Bolsena, Vico, Bracciano, Albano, troviamo piatti intramontabili a base di anguille, coregone, lucci e tinche.
E il baccalà! I vecchi romani lo chiamavano “gallina di mare”! Era un classico del venerdì, giorno di magra: si doveva osservare l’astinenza, cioè la privazione della carne prevista per il venerdì e altre ricorrenze religiose. A Roma e dintorni il pesce non era molto diffuso nelle trattorie e nei ristoranti e ancor di più nelle case (al contrario di oggi che è presente e … più caro della carne!). Il pesce pregiato era esclusivo delle cucine degli aristocratici e dei cardinali! Ma il baccalà è passato alla storia con le sue splendide ricette: fritto con la pastella, o in umido e in guazzetto, con uvetta e pinoli, o al forno con le patate. Era di regola (in verità noto un ritorno in questo senso) che i venditori offrissero di venerdì il pesce ammollato sotto l’acqua corrente da due giorni… e ceci ammollati! Venerdì: pasta e ceci e baccalà! – si diceva – Era la regola… ma che bella regola!
Oltre al baccalà i pesci più pregiati per i romani erano le “ciriole“, cioè le piccole anguille del Tevere, il baccalà d’importazione, già citato sopra, i calamaretti, le triglie e le arzille.
Anche l’industria lattiero casearia è di grande rilevanza in tutto in Lazio, e Roma e dintorni non sono da meno. L’insuperabile ricotta romana ha ricevuto la meritata DOP e viene utilizzata sia così a crudo, spalmata sul pane, da sola o … in compagnia! Trova tripudio nella preparazione dei rigatoni con la ricotta, sale e pepe, nei ripieni dei ravioli, da sola o unita agli spinaci e ancora fritta dorata… Protagonista di dolci indiscussi, pochi… ma buoni: crostata di ricotta, ricotta e visciole, gelati, budini, pazientini quaresimali…
Un particolare occhio lo dedico al pecorino. Romano DOP anche lui meritatamente. Un formaggio classico dal sapore forte, si mangia stagionato o fresco o arricchisce e denota carattere a tanti piatti. E viene esportato in tutto il mondo!
E passiamo a quelle ricette di verdure protagoniste indiscusse della tavola romana: primi fra tutti i carciofi, che non temono confronti in tutta Italia. I cimaroli, o mammole, che sembrano palle da biliardo: tondi, tosti, unici nel loro genere! Il primato assoluto spetta alla terra tra Ladispoli e Cerveteri. Preparati alla romana, dritti nel tegame con un ripieno di mentuccia e aglio, o cucinati con i piselli novelli e le fave fresche per la “vignarola“, e la magnificenza di quelli alla giudia, fritti e a forma di fiore. Non mancano mai i carciofini sott’olio vista la grande quantità di produzione che ne abbiamo!
Non possiamo non parlare delle famose fave romanesche, accompagnate al pecorino romano nelle gite fuori porta del primo maggio, o preparate in mille modi cotte: fresche col guanciale, coi carciofi, coi piselli o conservate secche per gustarle poi tutto l’anno. O il broccolo romanesco, verde dalla forma pizzuta, al quale viene reso omaggio in tante preparazioni, dalla pasta con broccolo e ciccioli, o in minestra o fritto in pastella o cotto a crudo. E i piselli tenerissimi col prosciutto o col guanciale che offrono un gustoso contorno a tante pietanze.
Vogliamo poi non citare il pinzimonio, detto da noi “cazzimperio“? Probabilmente sono i romani a averlo inventato, portando a tavola una ricca varietà di ortaggi da intingere in una salsina fatta di olio, sale e pepe. Si mangia con le mani, in tutta allegria! Sedano, carote, finocchi, ravanelli!
La cicoria di campo: “strascinata” in padella è meravigliosa! Ancora oggi c’è usanza di raccoglierla da sé. Si vedono donne chine sui prati col coltellino a far “razzia” di questa erba dal sapore dolce-amaro, rustica, ma tenera al palato.
E poi la cicoria catalogna, il cui cuore ci offre le famose “puntarelle“. Chi passa per Roma e le assaggia, le porterà con sé nel cuore tutta la vita! La parte tenera centrale viene sfilettata e messa a bagno in acqua fredda. In questo modo i filamenti si arricciano in maniera particolare… e conditi con un pesto di olio extravergine di oliva, alici e aglio con un poco di aceto sono uniche!
E le nostre zucchine dal verde più chiaro rispetto a quelle napoletane o a quelle siciliane, con il fiore giallo che spicca sulla cima. Un sapore intenso, deciso. E ancora: cardi “o gobbi” come vengono chiamati qui. Ottimi alla parmigiana! O ancora i pomodori romaneschi, gustosi sia spaccati conditi con aglio e olio che ben maturi poi ci regalano quei meravigliosi pomodori ripieni di riso che non mancavano mai nelle nostre gite fuoriporta nella stagione estiva! La lista sarebbe lunga perché tutto quello che viene coltivato negli orti laziali è delizioso: peperoni, biete, cardi, porri, carote, sedani…
Tra le insalate primeggiano la lattuga, da sempre nella cucina romana. Pensate che quando si impiantava una legione romana, prevedendo che i combattimenti andassero per le lunghe, si seminava anche la lattuga! Tenera, bianca e scrocchiarella! Da gustare cruda ma anche cotta! Ricette dimenticate da riportare in auge per la loro bontà! E erbe spontanee, selvatiche, tra cui spicca la ruchetta, che mischiandola alla lattughella e altre erbe dà origine a quella “misticanza” dal sapore dolce-amaro, piccante e saporito: un mix di cerfoglio, lattughina, pimpinella, barba di frate, indivia, riccetta….
Ma anche la frutta ci regala splendide varietà: rinomate ciliegie a Montelibretti, Moricone, Palombara Sabina, Nerola, Montorio Romano. Le gustiamo fresche da maggio a tutto giugno, o conservate sotto spirito, in marmellate, candite o nella preparazione di gustose crostate. Come anche le amarene e le visciole, dal sapore più asprigno
E l’uva? Vigneti ricchi di uva bianca e rossa da vino, ma anche tanta uva da portare in tavola fin dalla fine di agosto… Come dimenticare l’uva pizzutella di Tivoli, dalla forma leggermente allungata, da piluccare a fine pasto o trovare posto in alcune ricette di insalate, come l’insalata di misticanza e uva?
E ancora i fichi. La leggenda narra addirittura che Romolo e Remo furono trovati su una sponda del Tevere…. ma sotto un albero di fico! E noi gli diamo il tributo che meritano nella nostra inimitabile pizza bianca con prosciutto e fichi! Chi non l’adora? O semplicemente un antipasto stuzzicoso: prosciutto e fichi!
E le pesche, introdotte in Italia, e precisamente a Roma nel corso del I secolo d. C, le “perziche” (provenienti dalla Persia) come vengono dette da noi. E mele e pere in ogni stagione. E roveti ricchi di more, li troviamo spontanei nelle nostre campagne e a ridosso delle città.
Famose anche le fragole. Ottime quelle di Cerveteri e Ladispoli, la stessa terra che ci offre i carciofi, e deliziose quelle più piccoline di Nemi, dal sapore indimenticabile! Si gustano così al naturale, o condite con limone, o con la panna, o sotto forma di frullati, frappè, semifreddi, dolci…
Tutto viene innaffiato dai nostri vini locali, a partire da quello famoso ovunque dei Castelli Romani, fino a Cerveteri e alle porte del Viterbese.
Frutta, dolce caffè… e ammazzacaffè. E così anche alcuni liquori tipici del dopo pasto. Sambuca, mistrà, nocino, fragolino, liquore di genziana… o amari dei frati trappisti… non ci manca niente, neanche per digerire!
Voglio dire infine, che la cucina romana racchiude in sé un po’ tutta la cucina laziale. E gli stessi piatti che si trovano qua li troviamo anche nelle altre province dove metteremo in risalto di più le caratteristiche tipiche di quei luoghi.
Proseguite il viaggio con noi…
La cucina del Lazio
La cucina ciociara
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