Perché la storia delle fave ha attraversato nei secoli una fama oscillante tra devozione e avversità? Andiamo a conoscere più da vicino questa splendida leguminosa.
Fava, nome scientifico Vicia Faba, è una leguminosa a ciclo annuale di origine antichissima. Pensate che era già conosciuta 2000 anni prima di Cristo e veniva coltivata in Egitto, in Africa, in Asia, in Italia e in Spagna sia per l’alimentazione umana che come foraggio per gli animali!
Dai suoi fiori si sviluppano i baccelli che contengono i semi verdi, la parte commestibile. La varietà Vicia Faba Maior è quella destinata all’alimentazione umana.
Nel Lazio è rinomata la fava romanesca,pressoché presente in tutta la regione, ma soprattutto a Monterotondo alle porte di Roma. La vera fava romanesca è quella tenera contenuta in lunghi baccelli con almeno 6 semi all’interno.
Le fave, tra devozione e avversità
Nei tempi antichi si credeva che le fave fossero il legame
tra il regno dei vivi e il regno dei morti.
Questa certezza derivava dal fatto che tra i fiori bianchi delle fave spicca una macchia nera a forma di Teta greco, lettera con la quale inizia Thanatos (morte).
Tra i più grandi avversari delle fave nella storia spicca sicuramente il pensiero di Pitagora, che si era legato all’orfismo, il più grande fenomeno religioso di carattere mistico diffuso nella Grecia del sec. VI. Secondo questa teoria le fave contenevano le anime dei morti e “mangiar fave o sgranocchiare il cranio del defunto genitore è esattamente la stessa cosa”. Aristotele per addolcire in qualche maniera il motivo del divieto di Pitagora, ascriveva l’interdizione ad altri motivi: o perché somigliavano a testicoli, o perché ricordavano le porte dell’Ade o perché gli oligarchi usavano le fave secche per votare le condanne all’esilio!
Nonostante la ripugnanza esasperata di Pitagora per le fave, però, i greci ne erano devotissimi arrivando anche a destinargli un rituale di culto in un tempio ateniese.
Il dibattito sul perché il noto matematico odiasse le fave fu acceso per secoli! “Ci si dovrebbe astenere dal mangiare fave, dal momento che esse sono cariche di vento e insieme ad esso portano via parte dell’anima, e se ci si astiene dall’usarle lo stomaco sarà meno rumoroso ed i sogni più lieti e tranquilli” – esortava Diogene – E nel corso dei secoli furono date tante di quelle spiegazioni, tutte inutili e pressoché sempre più ridicole. In realtà Pitagora aveva osservato i malesseri a volte anche nefasti e per proteggere i propri adepti ne aveva vietato l’uso.
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento ci si concentrò di più sull’osservazione: alcuni medici, infatti, notarono che alcuni individui avevano malesseri improvvisi dopo l’assunzione di fave (favismo). Non si sapeva nulla delle allergie fino a quel momento, in quanto solo nel 1904 furono definite da Clemens von Pirquet.
Le fave entravano anche nella dieta degli antichi Etruschi: mentre i ricchi si potevano permettere fave con carne di maiale o carne secca, crude e cotte, il ceto più povero si contentava di una polenta di farina di fave (puls fabacia). E il mitico Apicio? Ne consigliava un piatto primaverile rinfrescante… secondo me da copiare: “Servi le fave con senape in polvere, miele, pinoli, ruta, cumino e aceto”.
Proprietà
Ricchissime di acqua, fibre, e proteine, poverissima di grassi le rendono adatte a una dieta ipocalorica se consumate fresche, mentre diventano ipercaloriche e con valori nutrizionali completamente diversi se consumate secche. Per il loro contenuto di ferro e di vitamina C sono indicate nelle anemie. Ampia presenza anche di molte del gruppo B, di vitamina A ed E, e di minerali; oltre a ferro troviamo potassio, fosforo, calcio, sodio, magnesio, rame, selenio. Sono anche ricche di fibre alimentari, ottime per il buon funzionamento dell’intestino. Inoltre, essendo diuretiche, sono benefiche anche per i reni e l’apparato urinario. Le fave fresche contengono un aminoacido, chiamata Levodopa, utilizzata per il trattamento della malattia di Parkinson, motivo per il quale le fave sono diventato oggetto di molti studi atti a valutarne l’effettivo beneficio nella cura di questa malattia.
Favismo
Fave, pecorino… e 1° maggio
Il giorno della Festa dei Lavoratori a Roma è tradizionale la gita fuori porta, in cui non possono mancare le fave con il pecorino, quello romano, possibilmente tenero con “la lacrima”. Il tutto accompagnato da un bel pane casareccio e un bicchiere di vino dei Castelli Romani!
Secondo la credenza popolare se trovi un baccello con sette semi all’interno avrai un periodo di grande fortuna.
Roma bella, Roma mia,
te se vonno portà via
er Colosseo co’ Sampietro,
già lo stanno a contrattà
Qui se vonno venne tutto,
cielo sole e st’aria fresca…
… ma la fava romanesca
gliela potemo arigalà
(Romolo Balzani, Fiori Trasteverini)
Ricette con le fave
Vignarola con guanciale, salsicia e pecorino romano
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