La storia del pane è antica quasi quanto la storia dell’uomo. Di questo alimento, da millenni al centro della cultura gastronomica mediterranea ed europea, si fa menzione già nella produzione letteraria sumerica, nell’Epopea di Gilgamesh, testo epico composto fra il 2600 e il 2500 a.C., la più antica di cui si conservi notizia, il nucleo originario precede di oltre 1500 anni i poemi omerici e l’Antico Testamento.
Al di là delle sue implicazioni simboliche, la presenza del pane nell’Epopea di Gilgamesh dimostra come questo alimento fosse conosciuto e diffuso nell’antica civiltà mesopotamica, così come lo fu nell’Antico Egitto da cui si diffuse in tutto l’ambito del Mediterraneo diventando un elemento comune a tutte le popolazioni.
I Romani conobbero il pane dopo il 168 a.C., anno in cui impararono le tecniche della panificazione da alcuni schiavi macedoni. Plinio ci racconta che prima i latini erano soliti consumare focacce non lievitate e polta, una densa zuppa preparata con grani di cereali schiacciati e bolliti nell’acqua. Numerose sono le testimonianze archeologiche e artistiche che raccontano la presenza del pane nella società della Roma antica: dall’affresco della Casa del fornaio e dalle forme di pane fossilizzate di Pompei al sepolcro di Marco Virgilio Eurisace a Porta Maggiore a Roma, fino ai rilievi e ai mosaici che illustranio il lavoro quotidiano del fornaio.
Carciofini sotto olio
Nel reatino i carciofi sotto olio, specialità del luogo, accompagnano come usanza la mortadella di Campotosto un salame crudo di carne di maiale ripetutamente passato alla macchina sino a ricavarne una pasta molto fine caratterizzata da un unico grosso e bianco lardello.
Come quasi in tutte le ricette, ognuno ha poi la sua versione e così, anche dei carciofini sotto olio esistono svariate interpretazioni e rivisitazioni; comune denominatore ovviamente l’invasare i carciofi con olio extra vergine di oliva, ma la cottura ha diverse proposte. C’è chi cuoce i carciofini in acqua e aceto ( normalmente nel rapporto 1:1), chi invece li cuoce in aceto e vino bianco (vino bianco 1/4 rispetto all’aceto) ed io invece vi propongo un’ulteriore versione: i carciofini sott’olio cotti in olio/aceto.
Saltimbocca alla romana
Il saltimbocca alla romana è l’unico secondo piatto, nella cucina nazionale, a poter vantare una ricetta discussa e approvata da un’assemblea di cuochi, riuniti in “Costituente”. Ciò avvenne nel lontano 1962, a Venezia, nel salone centrale di palazzo Grassi.
In questa sede i cuochi aderenti all’associazione di categoria decisero di discutere le ricette, frase per frase un pò come si fa in Parlamento per gli articoli di legge. Il relatore che si occupò della ricetta del saltimbocca fu Luigi Carnacina, ex direttore di grandi alberghi, esperto di cucina e autore di molti ricettari. La parola saltimbocca è uno di quei nomi fantasiosi che il pubblico accetta volentieri per ciò che evoca ed è caro, per questo motivo, ai gestori dei ristoranti. Una preparazione facilissima ma molto gustosa ecco da qui il nome…un pò come dire uno tira l’altro! In pratica uno di quei piatti dove elaborando pochissimi ingredienti si riesce a rendere saporite delle fettine di carne magra. Se lo vediamo nell’ottica attuale possiamo affermare che il saltimbocca è una specie di precursore del fast food, inserito più per il nome che per la sostanza, nella cucina laziale.
Fave col guanciale alla romana
Da tempi immemorabili le fave sono il legume principe della cucina romana e la ricetta de le fave col guanciale alla romana ne sono la sua massima espressione.
La primavera è il periodo di raccolta della fava, e non manca mai il carretto fermo sulle strade con il suo raccolto prelibato. Tant’è che è usanza tradizionale celebrare il 1° maggio facendo scorpacciate di fave fresche con il pecorino romano! Soprattutto con quelle più piccoline e tenere. Quelle di media grandezza trovano largo utilizzo in cucina, come la ricetta delle fave col guanciale alla romana, accompagnata per l’occasione da una poesia in dialetto romanesco del poeta Roberto Ortenzi, apparsa tempo fa su “Il cucchiaio d’argento”. Ne traspare tutto il legame che il popolo romano ha da sempre verso questo versatile legume.
La preparazione, come tutti i piatti romani di origine popolare, è molto semplice.
Il segreto per la perfetta riuscita delle fave col guanciale alla romana è quello di utilizzare fave freschissime e cuocerle appena liberate dal loro baccello, altrimenti tendono a prendere un colorito brunastro e a indurirsi.
600 g di fave romanesche fresche prive del baccello 100 g di guanciale tagliato a pezzi 1 piccola cipolla tritata 3 cucchiai di olio extravergine di oliva sale e pepe q.b.
Preparazione
Tritate finemente la cipolla e soffriggetela insieme al guanciale tagliato a tocchetti non eccessivamente piccoli, insieme all’olio. Aggiungete le fave prive del baccello insieme a qualche cucchiaio di acqua. Salate e pepate. Se le fave sono fresche si cuoceranno a puntino in circa 15 o 20 minuti.
Accompagnate il nostro piatto di fave col guanciale alla romana, con un buon vino dei Castelli Romani e una fetta di pane casareccio e avremo un contorno di gusto assicurato!
Facioletti a corallo cotti a crudo
L’ingrediente principe della ricetta dei facioletti a corallo cotti a crudo è il fagiolino a corallo, il “facioletto” come viene chiamato dalle nostre parti.
E questa è la classica ricetta che si tramanda da madre a figlia, andando indietro nel tempo…i “facioletti de mamma” o quelli di nonna e ancora indietro! Continue Reading
Fagiolino a corallo
Il fagiolino a corallo è una varietà di fagiolini, tipici del Lazio.
Presenta il baccello verde, piatto e largo, all’interno del quale si trovano fagioli in embrione. Continue Reading
Lacne e fagioli
Lacne e fagioli: la Minestra della tradizione setina, ovvero di Sezze Romano, in provincia di Latina. Una pasta e fagioli particolare, cucinata con le lacne. Le lacne altro non sono che dei maltagliati di sola farina e acqua. Una pasta povera senza l’uso di uova che in tempi passati non sempre erano facili da reperire tra la povera gente. Oggi qualcuno le prepara anche con l’uovo, ma questa ricetta conserva la peculiarità di pasta fatta in casa senza uova. La particolarità di questo piatto sono i fagioli cannellini che non devono assolutamente essere tenuti a bagno! Provare per credere! Una delizia!
La crostata con le visciole
con la pasta frolla romana di Ada Boni
Quando io ero piccola la marmellata con le visciole non la volevo proprio, perché dicevo che era aspra… E invece oggi trovo che proprio questa caratteristica renda la crostata con le visciole così buona. Un po’ di contrasto con quella frolla dolce, friabile… Ci sta proprio bene.
Roma vista dal drone
Ada Boni
Ada Boni: una piccola grande percorritrice dell’arte culinaria
Le ricette romane di Ada Boni su Lazio Gourmand
Crostata con le visciole
Pollo in padella
Peperoni in padella
Pollo coi peperoni