La trippa è l’apparato digerente dei bovini, una frattaglia, compresa fra esofago e stomaco; dopo la macellazione viene sottoposta a pulizia e bollitura. È composta da rumine (la parte a forma di sacco più grande, detta anche trippa, croce, crocetta, pancia, trippa liscia o busecca), omaso (formato da lamelle, detto anche centopelli o foiolo) e reticolo (o cuffia, un piccolo sacco con aspetto spugnoso, detta anche cuffia, nido d’ape, bonetto o beretta). I greci la cucinavano sulla brace, mentre i romani la utilizzavano per preparare salsicce. Le ricette per la preparazione della trippa sono infinite: non vi è angolo d’Italia che non abbia una sua ricetta per la trippa.
Come appena descritto, la trippa fa parte della cultura culinaria di tutta Italia e direi del Mondo. Cercando in rete ho trovato addirittura un libro “Troppa trippa”, di Indro Neri, Neri Editore, Firenze 1998, 192 pagine, una ricerca di tre anni che descrive le ricette di tutto il mondo ma anche le citazioni letterarie o i dipinti a lei dedicati o le poesie.
Come diceva il Belli la trippa va mangiata di sabato e in buona compagnia. “Giovedì gnocchi e sabato trippa”, uno dei proverbi romaneschi che ben indica questo gustosissimo piatto. È un piatto che, come molti altri a Roma, non ha molti fans a causa delle origini “truculente”, ma basta assaggiarlo una volta e si diventa subito amici. Nelle trattorie di Testaccio, (quartiere cult di Roma), si trova ancora l’antica ricetta.
Nel Settecento, Francesco Leonardi, un cuoco nato a Roma, ma specializzatosi tra i potenti del mondo, dal maresciallo Richelieu alle corti di Polonia, Germania e Inghilterra, con il suo “Apicio moderno”, tra tante squisitezze e raffinatezze riportate spicca, per quanto riguarda la cucina romana, la ricetta della Trippa di manzo alla romana: “Quando la trippa di manzo sarà ben pulita e lavata, fatela cuocere con acqua, sale, una cipolla con tre garofani, un mazzetto di petrosemolo con sellero, carota, due spicchi d’aglio, mezza foglia d’alloro; fatela bollire in una marmitta a picciolo fuoco sei o sette ore, che sia ben schiumata; quando sarà cotta, tagliatela in quadretti, mettetela in una cazzarola con un pezzo di butirro, sale e pepe schiacciato, passate sopra il fuoco, aggiungeteci un poco di spagnuola e culì. Abbiate un piatto con un picciolo bordo di pane o di pasta, fate un suolo di parmigiano grattato e un suolo di trippa, e così continuate fino a tanto che il piatto sia sufficientemente pieno, terminando col parmigiano grattato, nel quale avrete cura di mescolare un poco di menta trita; ponete alla bocca del forno o sulla cenere calda acciò prenda sapore, e servite ben calda”.
Trippa alla romana
- 1 k di trippa
- 2 fette di guanciale
- 400 g di pomodori pelati
- Una cipolla
- Una costa di sedano
- Una carota
- Uno spicchio di aglio
- Olio extravergine di oliva q.b.
- Menta romana
- Pecorino romano grattugiato
- Sale e pepe o peperoncino
La trippa si acquista normalmente già prelessata. Il metodo di lavaggio e di lessatura ne condiziona ovviamente il sapore. Per pulirla vengono usati a volte prodotti che la rendono bianchissima ma insapore; è preferibile acquistare quella grigia o scura e quindi non “candeggiata” o troppo cotta. Se possibile acquistate la trippa intera senza farvela affettare, sciacquatela e mettetela a bollire in abbondante acqua salata in ebollizione insieme a una carota affettata, una costa di sedano a pezzi, una cipolla e un mazzetto di prezzemolo. Fate riprendere l’ebollizione quindi abbassate la fiamma al minimo e proseguite la cottura per circa tre quarti d’ora. Lasciatela raffreddare e nel frattempo preparate un trito con il guanciale, la cipolla, la carota, il sedano, e lo spicchio d’aglio. Scaldate l’olio in un tegame di terracotta e fate appassire dolcemente il battuto mescolando spesso. Affettate la trippa a striscioline e versatela nel tegame quando il soffritto comincia a prendere colore. Fate insaporire per qualche minuto mescolando, quindi unite i pelati sminuzzati, salate e pepate e proseguite la cottura per circa un’ora. Durante questo tempo mescolate spesso e unite un mestolo di brodo o acqua calda quando necessario tenendo presente che alla fine la trippa deve essere immersa in un sugo abbondante. A cottura ultimata, versate la trippa nel piatto da portata e completate il piatto con abbondante pecorino grattugiato e foglioline di menta sminuzzate.
Riferimenti:
- Indro Neri, Troppa trippa, Neri Editore, Firenze 1998, 192 pagine
- http://www.troppatrippa.com/arte.php
- Claudio Colaiacomo, Roma perduta e dimenticata. 2013, 352 pagine: – Biblioteca Romana Newton n. 12
- Alfredo Morosetti, Frattaglie, Formato Kindle.
- http://www.identitagolose.it/sito/it/12/13206/ricette/il-nido-dellape.html
Ultimi post di sabrina tocchio (vedi tutti)
- La vignarola in quattro cotture - 1 maggio 2023
- Zuppa di carote e cocco… della serie “famolo strano!” - 30 aprile 2023
- Supplì all’amatriciana - 29 aprile 2023
- Ravioli liquidi di amatriciana con fonduta di pecorino - 20 aprile 2023
- Arce terra di confine. Il cammino dell’antica frontiera – il Progetto - 21 dicembre 2022
Grazie infinite per queste ricette! Io sono della Tuscia, da più di dieci anni però non vi abito più e cercando sul web la ricetta del fardone, sono capitata sul tuo bel blog. Alla fine il fardone non l’ho fatto, è sempre difficile resistere alla tentazione di mangiare la ricotta nature! Oggi però mi cimento nella trippa per questa sera, scommetto che ci sarà da leccarsi i baffi! Grazie ancora e che l’universo ti benedica
Ma grazie Erika! Facci sapere come ti è venuta, la trippa è uno dei miei piatti preferiti!